8 aprile 2018 - Santina Di Leva
In questi giorni sta girando una notizia che potrebbe far tremare tutti i celiaci, ma che in realtà viene presentata con un eccesso di allarmismo. Sia chiaro, l’argomento è serio, ma va anche collocato geograficamente: il Laboratorio cantonale del Ticino ha esaminato 23 prodotti aliminetari, di cui 13 dichiarati “senza glutine” e 10 assenti dello stesso per natura. L’esame ha evidenziato che il 13% dei prodotti esaminati, ossia 3 alimenti su 23, contenevano una quantità di glutine nociva per il celiaco. Precisamente un prodotto tra quelli esplicitamente senza glutine, risultava contenere la sostanza nociva per un valore superiore al limite di tolleranza per i celiaci (ossia superiore ai 20 mg/kg); mentre due tra quelli che sarebbero dovuti essere naturalmente privi di glutine, facevano registrare quantità sopra i 200 mg/kg.
L’argomento merita attenzione, ma va anche contestualizzato. In primo luogo si parla di soli prodotti artigianali del Ticino, quindi svizzeri, e poi solo uno dei tre alimenti era dichiaratamente “senza glutine”, mentre agli altri due si contesta la mancata dichiarazione della possibile presenza di glutine dovuta a produzione in ambienti contaminati. Per fare un parallelo, se compriamo una busta di patatine – per natura senza glutine – è possibile che ve ne sia traccia per effetto di contaminazione. Non che il silenzio circa la presenza o assenza del glutine sia meritoria – e sarebbe giusto imporre l’obbligo di indicare sempre l’eventuale contaminazione -, ma è ben diverso dal caso di chi, dicendo che il prodotto è adatto ai celiaci, non attua i dovuti controlli.
La percentuale da tenere in considerazione e comunque preoccupante non è il 13%, ma il 7,6%, ossia quel prodotto artigianale su 13 che sarebbe dovuto essere senza glutine e che invece non lo è. Marco Jermini, direttore del Laboratorio cantonale, ha dichiarato alla radio RSI.ch, che “in alcuni posti dove manca la professionalità, il celiaco viene ingannato da situazioni che non corrispondono alla realtà”. La situazione della vicina Svizzera, in cui peraltro vivono tanti italiani, impone qualche riflessione anche sulla produzione artigianale nel nostro paese? Può essere, ma per ora quel 7,6% interessa il Ticino, non l’Italia.