8 marzo 2018 - Team GlutenZero
Cercavamo cibo senza glutine, lo cercavamo su Amazon. Ebbene sì, nel dolce vagare serale su questo negozio online ci siamo trovati a sfogliare un catalogo di mobili, poi – non sappiamo come – pagine di cibo. E ci siamo lasciati colpevolmente andare, finché la nota piattaforma di e-comerce non ci ha proposto uno spoiler per Bmw senza glutine. Lo spoiler in questo caso è una sorta di alettone che serve ad accrescere la tenuta di strada dell’auto. Ora questo alettone è “senza glutine”. Cioè, proprio nel titolo si specifica che lo spoiler per la Bmw è in “fibra di carbonio” e “senza glutine”. Ebbene, siamo tutti d’accordo che se vuoi mangiare un pezzo di metallo non ti devi preoccupare del glutine, ma di tutto il resto… il punto però è un altro: ma qualcuno davvero pensa che la celiachia sia solo una moda e che il celiaco sia una sorta di invasato, collezionista di merce con etichette gluten free?
Qua e là, non solo il suvvisto rivenditore di accessori per auto, si usa “gluten free” a sproposito. Per vendere robot elettrici, ad esempio, si specifica che si possono fare anche farine senza glutine… che è come vendere un set di bicchieri specificando sulla scatola che ci puoi mettere il vino, ma – tranquillo – se vuoi pure l’acqua.
Tutto ciò ricorda l’alba di Internet, quando a casa avevamo il modem a 56K che per connettersi ci metteva due ore e faceva un casino incredibile. A quei tempi si usava una tecnica disonesta di posizionamento sui motori di ricerca che consisteva nell’inserire nelle pagine parole “invisibili”, ma acchiappa-click. Praticamente tu che, per esempio, avevi il tuo blog di cucina, scrivevi nel codice della pagina i cosiddetti metatag. Teoricamente avrebbero dovuto descrivere il tema del sito, ma ci mettevi dentro la parola “porno” (e tutto ciò che ad esso è connesso e facilmente intuibile) ed ecco che chi a tarda ora aveva voglie pruriginose e cercava su Google quel mondo, poteva effettivamente incappare nel tuo sito di cucina. Questa tecnica ti rendeva disonesto e quasi mai contento, perché chi cerca del porno difficilmente si sofferma sulla coscia di pollo arrosto.
Fatto sta che a un certo punto, a stare a sentire i metatag, il 90% di Internet produceva contenuti osé, finché i motori di ricerca hanno trovato il modo di bloccare queste pratiche scorrette e trattare il settore del porno come un “prodotto” a parte. E il senza glutine? Siamo certi che i celiaci sappiano orientare il mercato con maggiore lucidità di un utente in cerca di “trastulli”, ma intanto resta l’amarezza di chi cerca di guadagnare su una malattia, senza offrire niente in cambio.